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Rocca Aldobrandesca (Piancastagnaio)

 

(Vista della rocca dai giardini sottostani)

 

Collocata su un pianoro con ricca vegetazione di felci e castagni,
Piancastagnaio presenta un aspetto caratterizzato da un pregevolissimo Castello Aldobrandesco, teatro di episodi storici legati non solo agli Aldobrandeschi ma anche alla famiglia Orsini, signori di Pitigliano nel tardo medioevo. 
Il castello è oggi adibito a museo e ad altre iniziative culturali, e registra un sistema di restauri che ne hanno valorizzato l'imponenza storica e architettonica. Da segnalare le poderose mura medioevali, che completavano le difese naturali dell'antico abitato, a testimonianza di una storia tormentata di quella comunità, interessata e vessata dalle mire espansionistiche sia delle famiglie Aldobrandeschi e Orsini, sia dell'Abbazia di S.Salvatore

 

I più antichi documenti su Piancastagnaio  risalgono ai tempi in cui il Monastero di Abbadia San Salvatore aveva possessi e privilegi in ogni parte del Monte Amiata e vi esercitava il potere religioso e civile. Questi documenti sono diplomi di Imperatori che fanno donazioni di terre e castelli al Monastero, Bolle di Papi che concedono giurisdizioni su Chiese, rogiti notarili di compere, vendite e permute di vigne, case e mulini situati nella valle del Paglia.
Da questi atti, trascritti in pergamene conservate nei vari archivi di Stato, specialmente a Siena e a Firenze, risulta che il primo insediamento di Piacnstagnaio fin dall’anno 890 fu denominato “Casale Piano” dopo il Mille “Villa de  Piano” e anche “Piana Castagnaia” .
Un diploma dell’imperatore Enrico IV, rilasciato all’abate Rollando nell’agosto del 1194 con al data “Apud Pisa 4” e un diploma dell’imperatore Ottone IV del 1210 riconfermano al Monastero amiatino le donazioni precedenti di chiese e corti “cum toto Castro Plani Castagnate” e sue pertinenze. Da questo momento in poi l’antica Villa de Piano assumerà in prevalenza il nome di Castrum Plani.
La storia di Piancastagnaio è la storia della sua Rocca: alla sua ombra il paese nacque e dentro le sue mura, si raccolsero le popolazioni che dalla vallle del Paglia erano salite verso il monte per trovare più sicurezza dalle incursioni dei predoni.
La rocca ha avuto una funzione di difesa e guardia della valle del Paglia e che sia sorta a questo scopo appare chiaro a chiunque salga dalla Cassia e percorra la strada sinuosa che sale fino alle falde del Monte Amiata. Il piccolo villaggio, costruito sopra un’altura di scogli, fu trasformato in grosso fortilizio di forma quadrangolare con una torre più elevata che serviva da vedetta e da punta di estrema difesa.
Il castello fu concesso in feudo agli Aldobrandeschi nel 1208 e da allora vide l’avvicendarsi di vari padroni. Nel 1333 passò sotto il dominio di Orvieto che vi ripose del materiale di difesa controllato da soldati e da un Castellano, ma nel 1345 le truppe senesi abbatterono le fortificazioni ed occuparono il castello.
L’occupazione si protrasse per oltre cinquant’anni fino a quando, nel 1416, un podestà inviato dalla repubblica senese in collaborazione coni più prudenti uomini di Piancastagnaio redasse i primi statuti.
Nello stesso anno quattro tecnici militari senesi iniziarono l’opera di consolidamento della rocca seguito da qualche decennio dopo da un ulteriore restauro.
Tuttavia, la ristrutturazione più importante, quella che dette alla Rocca le sembianze attuali, avvenne nel 1471 e il 1478. La struttura fu potenziata con una sorta di copertura che rivestiva la zona inferiore dell’originario edificio medioevale. I vecchi muri rinforzati da un contrafforte; sulla prima costruzione fu sovrapposto il maschio cinto alla sommità da una corona di mensole e di archetti pensili dove Siena fece apporre il leone rampante simbolo della repubblica e la balzana bianca e nera della città. Per tutto il periodo del domino senese la Rocca fu sede di una guarnigione militare.
Quando, nel 1559 Siena passò sotto la signoria dei Medici, Piancastagnaio ne seguì le sorti e i nuovi signori apposero sopra la porta della Rocca il loro stemma con le palle. Nel 1601, infine, il territorio di Piancastagnaio fu dato in feudo al marchese Bourbon del Monte che trasformò la rocca in prigione. Nel settecento, sotto il Granduca Leopoldo di Lorena, la Rocca perse al sua funzione rivestendo ruoli sempre più marginali. La storia recente della Rocca è caratterizzata da due grandi restauri: il primo ad opera del Commendator Gino Pietro Bigazzi, presidente della Sezione Ligure dell’istituto Italiano dei Castelli (I.B.I) nel periodo che va del 1962 al 1970, il secondo ad opera dell’Amministrazione Comunale di Piancastagnaio, proprietaria della Rocca dal 1990. Un sapiente e certosino restauro e l’individuazione di spazi espositivi hanno fatto si che la Rocca Aldobrandesca di Piancastagnaio sia oggi meta obbligata del turista e sempre più richiesta da artisti ed artigiani di valore internazionale per esporre le loro opere.