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Il prato dell'amore

Nei freddi poderi di montagna, nelle sere d' inverno, al caldo delle stalle, i nonni trattenevano a veglia i componenti della famiglia, per raccontare loro una storia di grande suggestione umana, in cui il sentimento dell' amore si rivestiva di significati di gran dolcezza e tenerezza. 
Il Prato della Contessa, un grande pianoro a 1400 metri di altitudine sulle falde del Monte Amiata, circondato da maestose faggete e da abetaie che profumano resina, deve il suo nome ad un episodio d' amore che vide protagonisti la contessina Gherarda degli Aldobrandeschi di Santa Fiora e il giovane Adelardo, feudatario di Chiusi, che molto spesso si dedicava a tornei d' arme e a competizioni cavalleresche. In una di queste, svoltasi a Buonconvento, Gherarda lo conobbe e ne rimase colpita.
Siccome Gherarda era una giovane tutta pepe, che non si rassegnava facilmente, fece di tutto per far organizzare ai monaci dell' Abbazia cistercense di S.Salvatore, presso cui trascorreva alcuni mesi dell' anno per studio ma anche per rafforzare i favorevoli rapporti che in quel momento erano in atto fra la sua potente casata e l' altrettanto potente Abbazia, un torneo equestre con il secondo fine di rivedere Adelardo, signorotto di Chiusi.
Fu scelto dai monaci un territorio pianeggiante, l' unico possibile, quello del Prato che poi fu detto della Contessa, dove allora (si era in pieno medioevo) furono abbattute piante secolari per far spazio al carosello. Così Gherarda e Adelardo si rividero ed amoreggiarono spesso proprio in quel luogo, che rappresentava la cornice ideale ad un grande, piccolo amore di giovani adolescenti. 
Poi la storia non ebbe il seguito che ognuno si potrebbe aspettare. Gherarda andò sposa ad un rampollo degli Orsini di Pitigliano perchè così era stato deciso, per convenienze politiche, dalle due illustri famiglie. Un matrimonio combinato, che ebbe come conseguenza l' apertura delle porte di un convento per il giovane Adelardo, e di lui non si seppe più nulla. 
E' rimasto quel Prato, nato per amore, cui furono poi attribuiti fatti dolci e suggestivi, forsanche per l' amenità del posto e per il mistico aspetto della natura che lo circondava. 
Si disse che nel lontano quattrocento, le più belle ragazze delle comunità di Arcidosso e di Casteldelpiano si sentivano irresistibilmente attratte da una forza sublime e misteriosa che le faceva salire verso la montagna. Si fermavano al Prato della Contessa, ove si incontravano con gli Angeli, che scendevano per loro dal cielo nelle sere tiepide d' estate. 
Da quegli amori nascevano bimbi bellissimi, che si chiamavano Cherubino, Serafino, Michele, Gabriele e così via, nomi che poi sono diventati comuni in quell' epoca lontana fra la gente dell' Amiata. 
Da qui anche la tradizione secolare, presente fino a qualche decennio fa, di vestire i bambini da angioletti, con tanto di ali variopinte, e di farli sfilare a cavallo nelle processioni religiose, ad evocare quei miracolosi eventi che si consumarono al Prato della Contessa, il prato dell' Amore.

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